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a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 7 novembre la chiesa celebra san Prosdocimo di Padova, secondo la tradizione, sarebbe vissuto nel I secolo, sarebbe stato discepolo di san Pietro apostolo da cui sarebbe stato consacrato vescovo. È patrono di Padova con sant’Antonio, santa Giustina e san Daniele. La tradizione cristiana lo vuole primo vescovo della città di Padova. Secondo la tradizione, Prosdocimo sarebbe stato il secondo evangelizzatore della diocesi di Belluno, dopo sant’Ermagora, primo vescovo di Aquileia e discepolo di san Marco evangelista. La tradizione vorrebbe anche vedere in san Prosdocimo il primo evangelizzatore di Feltre. Tracce del suo passaggio si hanno anche nell’alto vicentino dove, sempre per tradizione, la sua predicazione ha convertito le genti della Val Leogra e l’insediamento della prima chiesa locale in quel di Pievebelvicino (VI) al posto dell’esistente tempio dedicato a Diana dea della caccia. Dal suo nome si deduce che era di origine elleniche: il nome Prosdocimo significa l’atteso in greco. Poche e tardive sono le testimonianze scritte di questo vescovo, riportate in testi agiografici pittoreschi. Le tardive fonti scritte sono anche dovute al fatto che Padova in epoca longobarda venne completamente rasa al suolo e impiegò molto tempo prima di riprendersi. Questo evento non riuscì comunque a cancellare dalla memoria dei credenti il suo primo vescovo. La tradizione lo vuole instancabile battezzatore: l’iconografia lo raffigura con il pastorale e con una brocca, simbolo di quel sacramento. Convertì e battezzò santa Giustina di Padova, che fu uccisa nelle persecuzioni di Massimiano. Prosdocimo non subì il martirio ma morì in tarda età a Padova, attorno all’anno 100, venerato e amato dalla sua gente.
7 novembre: san Villibrordo di Utrecht, nacque a Northumbria (Inghilterra) nel 658 e fu educato dai monaci del monastero di Ripon, fondata dal suo maestro san Vilfrido di York, che poi divenne arcivescovo della città omonima. A 20 anni, nel 678, lasciò l’abbazia di Ripon per trasferirsi nel monastero irlandese di Rathmelsigi, per perfezionare la sua cultura teologica sotto la guida dell’abate Egberto, che poi, a 30 anni, ordinerà sacerdote. Su invito di Pipino di Herstal, che aveva appena conquistato ai Franchi alcuni territori oltre il Reno ancora pagani, e con l’approvazione di papa Sergio I, che lo incaricherà di organizzare la Chiesa nelle terre che avrebbe evangelizzato, attorno al 690 Villibrordo si recò in Frisia con un gruppo di undici monaci provenienti dalle isole britanniche. Prima di dare inizio alla sua opera di evangelizzazione, volle recarsi a Roma per avere il beneplacito del papa Sergio I, ebbe approvazione e incoraggiamento. Al rientro, il monaco scelse Anversa come centro del suo apostolato e come avamposto delle future fondazioni, tra cui la più celebre fu quella di Utrecht. Per l’erezione della nuova diocesi in Frisia, Villibrordo si recò nuovamente a Roma, dove venne consacrato vescovo il 21 novembre 695 col nome di Clemente. I biografi lo descrivono piccolo di statura, nero di capelli, di delicata costituzione, con occhi profondi e vivi, lavoratore che non conosce pause né crisi di sconforto, austero, prudente, leale, tenace e devoto alla chiesa romana. Fu molto deciso, autoritario e duro nell’estirpare l’idolatria e le credenze delle popolazioni della regione. È arduo elencare tutti i viaggi dell’infaticabile missionario, dalle rive del Reno fino alla Danimarca. Fondò a Echternach (Lussemburgo) con l’appoggio di santa Firmina di Oehren e di san Basino vescovo di Treviri, l’abbazia di Echternach. Alla morte del suo protettore Pipino, avvenuta nel 714 l’influenza franca nella regione si indebolì, una delle conseguenze fu il sacco di Utrecht del 716, che costrinse il vescovo a rifugiarsi a Echternach, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Qui morì il novembre 739, a 81 anni.
