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La Crisi dei Missili di Cuba e il discorso che fermò il pianeta
Washington, 22 ottobre 1962.
Alle 19:00 (ora locale), le televisioni di tutto il mondo trasmettono in diretta un messaggio destinato a entrare nella storia. Il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, con tono fermo ma controllato, annuncia alla nazione e al mondo la scoperta di basi missilistiche sovietiche a Cuba, a soli 150 chilometri dalle coste americane.
L’annuncio arriva dopo giorni di analisi febbrile da parte della CIA, che grazie a fotografie aeree scattate da aerei spia U-2 aveva individuato rampe di lancio pronte a ospitare missili nucleari di medio raggio, capaci di colpire gran parte del territorio statunitense in pochi minuti.
Kennedy definisce la situazione “una minaccia chiara e inaccettabile alla sicurezza dell’emisfero occidentale” e annuncia l’imposizione di un “blocco navale” — che in linguaggio diplomatico viene definito “quarantena” — intorno all’isola di Cuba. Nessuna nave sovietica avrebbe potuto più entrare con materiale militare senza essere fermata dalla Marina americana.
Il mondo trattiene il respiro
La notizia scuote immediatamente le cancellerie di tutto il pianeta. Per tredici giorni, tra il 16 e il 28 ottobre 1962, il mondo vive la più grave crisi della Guerra Fredda, quella che avrebbe potuto scatenare una guerra nucleare globale.
Da una parte gli Stati Uniti, guidati da Kennedy; dall’altra l’Unione Sovietica di Nikita Kruscev, decisa a difendere il governo comunista di Fidel Castro e a ristabilire l’equilibrio strategico dopo l’installazione di missili statunitensi in Turchia e in Italia.
Le navi sovietiche continuano a dirigersi verso Cuba. A Washington, la Casa Bianca istituisce un gruppo di crisi permanente, l’ExComm, che analizza ogni ora la situazione e valuta tutte le opzioni, inclusa l’invasione dell’isola.
Il punto di non ritorno
Il 24 ottobre, il mondo è a un passo dal disastro: le navi sovietiche si avvicinano alla linea di blocco americana. A bordo dei sottomarini nucleari, la tensione è altissima; un ordine sbagliato potrebbe scatenare un conflitto senza ritorno.
Poi, improvvisamente, le unità sovietiche si fermano. È il primo segnale di apertura. Nei giorni successivi si avviano intensi negoziati segreti tra Washington e Mosca.
L’accordo e la fine della crisi
Il 28 ottobre 1962, un accordo viene finalmente raggiunto:
L’Unione Sovietica si impegna a ritirare i missili da Cuba sotto supervisione internazionale.
Gli Stati Uniti, in cambio, promettono di non invadere l’isola e, in via riservata, accettano di rimuovere i propri missili Jupiter dalla Turchia e dall’Italia.
La crisi si chiude così, senza spargimenti di sangue, ma con la consapevolezza di quanto il mondo fosse stato vicino alla catastrofe.
Le conseguenze
La Crisi dei Missili di Cuba segna una svolta nei rapporti tra le superpotenze.
Pochi mesi dopo viene istituita la famosa “linea rossa” diretta tra Washington e Mosca, per evitare che incomprensioni future possano degenerare in conflitti.
Kennedy e Kruscev, pur restando avversari ideologici, inaugurano una fase più prudente della Guerra Fredda, basata sul dialogo e sul controllo degli armamenti.
Una lezione di storia e diplomazia
Il 22 ottobre 1962 rimane una data simbolo della responsabilità politica e umana.
Kennedy scelse la via del dialogo e della diplomazia, dimostrando che anche nei momenti di massima tensione la ragione può prevalere sulla forza.
In un’epoca segnata da nuove sfide globali – ambientali, energetiche e geopolitiche – quella lezione è più attuale che mai: la sopravvivenza del pianeta dipende dalla capacità dei leader di ascoltare, negoziare e cooperare, prima che sia troppo tardi.
