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Roma vive un’altra pagina vergognosa e amara con la comparsa di una scritta infame che offende la memoria di Ciro Esposito, il giovane tifoso napoletano ucciso nel 2014 prima della finale di Coppa Italia. Quelle parole : “Il vostro trofeo più bello… il campionato. Il nostro… Esposito ammazzato” , sono un oltraggio alla civiltà, un insulto brutale rivolto a chi crede ancora nello sport come veicolo di valori e non di odio. Non c’è giustificazione possibile per una simile aberrazione, non esiste onore o appartenenza che possa coprire la vergogna di chi usa la violenza e la morte come simbolo di rivalsa.
Ciro Esposito, tifoso napoletano di 33 anni, fu colpito da un proiettile sparato da Daniele De Santis, ultras della Roma, in un episodio di violenza scoppiato il 3 maggio 2014, prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina allo Stadio Olimpico di Roma. Dopo 53 giorni di agonia in ospedale, Ciro morì il 25 giugno 2014, lasciando un segno indelebile nella memoria di Napoli e di tutta Italia. La sua morte rappresentò una ferita aperta e uno spartiacque che ha portato a riflessioni profonde sulla sicurezza negli stadi e sulla cultura del tifo.
Oggi, a undici anni di distanza, ritrovarsi davanti a un simile messaggio è un colpo al cuore, la conferma che l’odio non si sradica così facilmente, che c’è ancora chi sceglie di sporcare il calcio e la memoria con il fango della violenza. Non importa dove esattamente sia comparsa la scritta, probabilmente nei pressi del cimitero del Verano, luogo tristemente noto per episodi simili: la vergogna resta la stessa e colpisce tutti noi.
È urgente una reazione forte e senza ambiguità da parte delle istituzioni, delle società sportive, dei tifosi veri. Chi pronuncia frasi simili non è tifoso, non è uomo, non è parte di questa comunità. È soltanto un vigliacco che si nasconde dietro al male più becero. La memoria di Ciro Esposito non si cancella con l’odio e non si può lasciare spazio alla barbarie. Questo è il confine netto tra chi vuole difendere la vita e chi invece continua a scegliere la violenza, a rovinare lo sport e la società.
La vergogna è tutta di chi ha scritto quella frase, ma la responsabilità è nostra se non reagiamo con fermezza e unità.
