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Londra – Il 26 maggio 1868 segna una data storica e drammatica per il Regno Unito: fu eseguita l’ultima impiccagione pubblica della storia britannica. Sul patibolo salì Michael Barrett, un giovane irlandese di 27 anni, riconosciuto colpevole dell’attentato dinamitardo avvenuto nel dicembre 1867 nel quartiere londinese di Clerkenwell.
L’attentato aveva come obiettivo la liberazione di alcuni membri del movimento repubblicano irlandese Fenians detenuti nella prigione di Clerkenwell. L’esplosione, che distrusse parte del muro della prigione, causò però un tragico errore di calcolo: la detonazione avvenne quando la strada era affollata di civili, provocando 12 morti e oltre 100 feriti. Fu uno degli attacchi più sanguinosi mai avvenuti nella capitale britannica fino ad allora.
Barrett, accusato di essere tra gli organizzatori dell’attacco, si dichiarò innocente fino all’ultimo. Il processo si svolse in un clima di forte tensione politica, alimentata dalla questione irlandese. Nonostante le proteste internazionali e i dubbi sollevati sull’effettivo coinvolgimento di Barrett, la condanna a morte fu eseguita.
L’impiccagione avvenne davanti alla prigione di Newgate, in pieno centro a Londra, di fronte a una folla stimata in oltre 2.000 persone. Lo spettacolo dell’esecuzione pubblica, pratica allora comune, fu tuttavia oggetto di crescenti critiche da parte dell’opinione pubblica e di molte figure religiose e politiche.
Proprio l’indignazione suscitata da quella giornata spinse il Parlamento a intervenire: poche settimane dopo, fu approvata una legge che aboliva le esecuzioni pubbliche, stabilendo che da quel momento tutte le condanne capitali dovessero avvenire all’interno delle prigioni, lontano dagli occhi del pubblico.
La vicenda di Michael Barrett resta una delle più discusse nella storia giudiziaria britannica e un simbolo del cambiamento culturale e giuridico del XIX secolo.
