
Oslo (Norvegia) – Il 22 luglio 2011 è una data impressa a fuoco nella memoria collettiva norvegese e mondiale. Quel giorno, la Norvegia, considerata da molti uno dei paesi più pacifici e sicuri al mondo, fu teatro di uno dei più gravi attentati terroristici dell’epoca contemporanea in Europa, con un bilancio finale di 77 vittime, in gran parte adolescenti.
Dietro l’orrore c’era un solo uomo: Anders Behring Breivik, estremista di destra, nazionalista, xenofobo, animato da un’ideologia anti-islamica e anti-multiculturalista. La sua azione fu pianificata nei minimi dettagli e mirava a colpire simbolicamente il cuore della democrazia norvegese.
La bomba a Oslo
Alle 15:26, una potente autobomba esplose nel centro di Oslo, nei pressi del palazzo del governo, sede del primo ministro. L’esplosione causò 8 morti e numerosi feriti. L’intera area fu devastata, vetri e detriti ovunque. Mentre le forze dell’ordine e i servizi di emergenza accorrevano sul luogo, convinti di trovarsi di fronte all’unico attacco della giornata, il piano di Breivik proseguiva altrove.
La strage di Utoya
Poco meno di due ore dopo, travestito da agente di polizia, Breivik sbarcò sull’isola di Utoya, a circa 40 chilometri da Oslo, dove era in corso il campo estivo giovanile del Partito Laburista, con la presenza di circa 600 ragazzi.
Qui si consumò l’orrore più grande: Breivik aprì il fuoco indiscriminatamente, inseguendo le sue giovani vittime tra i boschi e lungo la riva dell’isola. La strage durò oltre un’ora, durante la quale 69 persone, perlopiù ragazzi tra i 14 e i 20 anni, furono uccise. Altri riuscirono a salvarsi gettandosi in acqua e nuotando verso la terraferma.
L’arresto e il processo
Breivik fu arrestato vivo dalle forze speciali e rivendicò con freddezza ogni singolo gesto, dichiarando di aver agito per “salvare l’Europa dall’islamizzazione”. Nel 2012, fu processato e condannato a 21 anni di carcere, la pena massima prevista dal codice norvegese, prorogabile indefinitamente se considerato ancora pericoloso.
L’eredità della tragedia
Il 22 luglio ha lasciato una ferita profonda nella società norvegese, un Paese da sempre improntato a valori di democrazia, apertura e tolleranza. Tuttavia, anziché cedere alla paura, la Norvegia ha scelto la via del dialogo e della difesa della libertà.
Ogni anno, il 22 luglio, il Paese si ferma per commemorare le vittime, in un momento di raccoglimento collettivo. Memoriali permanenti sono stati eretti a Oslo e sull’isola di Utoya, oggi trasformata in luogo della memoria e dell’impegno civile.
“Se un uomo può mostrare tanto odio…”
Tra le frasi simbolo che rimangono impresse, quella pronunciata da un sopravvissuto nei giorni successivi all’attacco:
“Se un uomo può mostrare tanto odio, immaginate quanto amore possiamo mostrare insieme.”
Il 22 luglio 2011 resta un monito contro l’estremismo e l’odio ideologico. Un giorno in cui l’Europa intera ha visto la propria gioventù colpita nel cuore, ma ha anche ritrovato una determinazione collettiva nel difendere la libertà, la diversità e la democrazia.