Michele Sgambati, ultima bandiera del Calcio Baiano anni ‘40\50

Michele Sgambati, ultima bandiera del Calcio Baiano anni ‘40\50

di Gianni Amodeo

Un laterale ambidestro, arcigno, spigoloso e di grande vigore agonistico, con un fisico solido e massiccio, che non gli impediva affatto lo scatto super-veloce nella corsa breve e le ficcanti incursioni a sorpresa in zona d’attacco, per tiri forti e potenti, rendendo per il portiere avversario quasi sempre imprendibile la sfera di cuoio e suscitando la fremente gioia del gol per la calda “tifoseria” del “Cerbiatto”, quando non incocciava i pali o la traversa, lasciandoli vibrare, per qualche minuto, facendo sollevare l’oh! della delusione per la fallita marcatura tanto desiderata.

Era la sfera di cuoio dei tempi andati, quella che solitamente faceva saettare via – espresso, fatta a spicchi, con la gommata camera d’aria e cucitura con laccio, da cui era resa…oltremodo pesante, di difficile controllo e calibratura, se non era stata “impermeabilizzata” e fatta.. idro – repellente a giusta misura, con una prolungata e buona “passata” di grasso d’animale, generalmente di foca, specie con il terreno di gioco allentato per la pioggia. E il trattamento della “passata” spettava ai giovanissimi che facevano la “gavetta d’apprendimento” sulla scia dei titolari della prima squadra.

I flash tratteggiati consegnano l’identikit di Michele Sgambati, calciatore con le sue caratteristiche tecniche proprie del modulo del metodo e non ancora della schema W \ M sovrapposti, ma soprattutto gagliardo cuore granata del piccolo-grande Baiano. Ci ha lasciato, quando era sulla soglia dei 95 anni. Fino a qualche anno fa era solito sostare con gli amici in piazza IV Novembre, nel Bar-Caffetteria “Campanile” o in piazza Francesco Napolitano; e gli argomenti-clou delle “sue” conversazioni erano legati a triplo filo con quello ch’è stato il Baiano e con la città di Roma, dove aveva svolto il servizio militare di leva, senza disdegnare l’attualità; più frequentemente, era solito recarsi nella vicina Cimitile, dove vive la figlia Annamaria, viaggiando con i treni della Circumvesuviana, di cui era stato dipendente di lungo corso, dopo aver lavorato con l’A.G.I.T.A. importante azienda di trasporti automobilistici attiva negli anni ’50 , con linee di servizio tra Baiano e l’area torrese-stabiese con terminale a Torre Annunziata. Dopo un brutta caduta, che gli ostacolava la normale deambulazione, costretto a restare su una sedia a rotelle, non usciva più di casa.

Con Michele Sgambati scompare l’ultima bandiera del Calcio Baiano, che ha scritto le sue belle pagine di sport sano e genuino, a cavallo degli anni ’30 e ‘40, fino agli scorci iniziali degli anni ’50. E segue di qualche anno la scomparsa di capitan Silvino Foglia, simbolo in quel periodo del “Cerbiatto”, la cui matrice di fondazione risale agli anni ’20, sulla scia di Angelo Scafuri, dei fratelli Stefano e Mario Lippiello, dei fratelli Foglia, dei fratelli Picciocchi- Ciccio, Peppino e Andrea- di Carmine D’Anna in grado di destreggiarsi con disinvolta spigliatezza in dribbling ubriacanti, dei fratelli Stefano e Mario Barone, dei fratelli Luigi e Stefano Napolitano, dei fratelli Pasquale, Vincenzo e Agostino Acierno e via seguendo. E saranno tutti impegnati al meglio nel lavoro nelle professioni, nell’amministrazione pubblica, nell’esercizio dei mestieri artigianali, perché studio, lavoro e sport si coniugavano senza alcuna difficoltà, declinandosi come codici di comportamento e stile di vita leale.

 Era il Baiano, quello di Sgambati e capitan Foglia, di cui erano parte integrante i “napoletanissimi” Glovi e Lucianelli, l’elegante Franco De Lucia, savianese a denominazione d’origine controllata, e il coriaceo Tommaso Meo, della vicina Roccarainola. Era il Baiano degli anni del dopo guerra, ”gemellato” con il Napoli . Un “gemellaggio”, di cui resta nell’albo sportivo cittadino ben impresso il ricordo della partita tra gli “azzurri” e i “granata”. Era la seconda domenica del settembre del ’48. Protagonista in assoluto del match, dominato dai partenopei- va sans dire- fu il funambolico Roberto La Paz, il primo giocatore coloured- proveniva dall’ Uraguay– tesserato per il calcio professionistico italiano.

 La Paz, attraversò corso Garibaldi, alla guida di un festoso, lungo e folto corteo di sportivi e comuni cittadini, in groppa all’Asinello- il “Ciuccio” mitico simbolo del Napoli Calcio– ch’era stato messo a disposizione da Nicola De Gennaro, un buon tempone di talento. Indimenticabile, il faceto e bonario Nicolae Chiaccone, che uno ne pensava e cento ne faceva. Di scherzi, che spesso erano vere beffe, grazie ad una speciale ed artigianale macchina fotografica, che… produceva ghirigori di strampalati sberleffi per coloro che convinceva a mettersi in posa di…fronte all’obiettivo. Un rito con esiti decisamente boccacciani e boccacceschi con cui dovevano fare i conti i malcapitati, sottoposti all’obiettivo di una macchina che non era certo una Canon ultima generazione o un’efficiente Balda Werke. E con Roberto La Paz sud americano di verve e con l’eterno sorriso stampato in volto, Nicolae Chiaccone fece comunella alla grande. Un duetto di meraviglie. Indimenticabile   Nicola il nostrano buon tempone per antonomasia. Come lo è Michele Sgambati; e lo sono tutti coloro che hanno scritto la storia del “Cerbiatto” e già sono volati lassù, per continuare a giocare le loro partite, inseguendo un pallone. Che rotola sempre e disegna aeree traiettorie per sogni e desideri impossibili da raggiungere. Sogni e desideri che aiutano a vivere.

Ai figli- ingegnere Giacomo e prof.ssa Annamaria– ai familiari giungano i sentimenti di cordoglio della redazione.