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a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 13 novembre la chiesa celebra san Stanislao Kostka, nacque a Rostkòw (Polonia) il 28 ottobre 1550, da una ricca famiglia principesca dell’antica nobiltà polacca, una delle poche a rimanere cattolica quando il protestantesimo entrò in Polonia. Nel 1564 venne inviato a Vienna col fratello maggiore, Pawel, per studiare presso il locale collegio dei gesuiti, e nella città austriaca maturò la decisione di abbracciare la vita religiosa nella Compagnia di Gesù, scelta fortemente ostacolata dai familiari, ma grazie al sostegno dei padri del collegio riuscì a lasciare Vienna. Uno dei padri consiglia al
giovane di andare in Germania, dandogli una lettera per l’allora padre provinciale san Pietro Canisio e scrivendone una lui, a sua volta, al padre generale dell’Ordine, san Francesco Borgia. Stanislao parte a piedi per la Germania, dove incontra Pietro Canisio a Dillingen. Molto impressionato dalla personalità del giovane, questi lo mette alla prova come domestico del collegio per qualche tempo. Dopo un breve soggiorno lo invia a Roma con altri due compagni. Raggiunse Roma dove il 27 ottobre 1567, osteggiato dal padre stavolta con una lettera durissima, viene ricevuto da san Francesco Borgia, alla sua presenza emise la sua prima professione religiosa, divenendo un novizio gesuita; entrò nel Collegio Romano per completare gli studi filosofici e teologici ed essere ordinato sacerdote ma, durante l’estate si ammala gravemente di malaria. Morì il 15 agosto 1568; patrono dei novizi insieme a san Luigi Gonzaga.
![SANT’Oggi. Lunedì 13 novembre la chiesa celebra san Stanislao Kostka, sant’Omobono Tucenghi e sant’Antioco di Sulcis SANT’Oggi. Lunedì 13 novembre la chiesa celebra san Stanislao Kostka, sant’Omobono Tucenghi e sant’Antioco di Sulcis](http://www.bassairpinia.it/wp-content/uploads/2017/11/22537987_10210949398034305_1356572143_n-150x150.jpg)
13 novembre: sant’Omobono Tucenghi, nacque a Cremona nella seconda metà del XII secolo, condusse la sua vita tra il commercio, l’impegno politico e l’aiuto ai poveri. Ben presto divenne un cittadino molto popolare e amato. Omobono, fu un uomo che, senza privilegi di nascita o prestigio di funzioni, divenne quasi leggendario per levatura e bontà dello spirito. Era un abile mercante laniero e molto attivo negli affari. Si sposò ed non ebbe figli. Omobono e la sua consorto accumularono ingenti patrimoni con il loro commercio, in quell’epoca di vitalità straordinaria e turbolenta, in cui tante città italiane passarono all’autogoverno. La sua nobiltà d’animo lo portava a usare il denaro guadagnato col commercio per la carità. Non lasciò scritti e nemmeno discorsi, ma attraverso la tradizione orale ci giunge la sua chiara disposizione nei confronti del denaro guadagnato: su di esso avevano precisi diritti i poveri. I soldi erano mezzi d’intervento per soccorrere la miseria. La sua generosità divenne proverbiale, tanto che a Cremona è rimasto il detto «Non ho mica la borsa di sant’Omobono». In tempi di continue lotte intestine e conflitti tra città (Cremona, nel conflitto tra Comuni e Impero, era schierata dalla parte imperiale) si ricorse alla sua autorità per arginare la violenza. Omobono contribuì con la parola a rendere più vivibile la propria città, di cui si fece portavoce autorevole. Morì durante la Messa nella chiesa intitolata a sant’Egidio, mentre recitava il Gloria lo si vide impallidire ed accasciarsi, chi per primo cercò di soccorrerlo si accorse che era già morto; patrono di Cremona, di mercanti, lavoratori tessili e sarti.
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