NOLA. Il disegno del centro antico ben conservato e le sue Piazze. Quando le simmetrie urbanistiche raccontano la storia di una comunità.

NOLA. Il disegno del centro antico ben conservato e le sue Piazze. Quando le simmetrie urbanistiche raccontano la storia di una comunità.

Un agglomerato urbano che voglia meritare la qualifica di Città e  non sia semplicemente un Paesone amorfo e indistinto, senza anima e testimonianze degne di memoria da tramandare, deve avere come principale requisito un Cuore storico  individuabile attraverso un assetto urbanistico definito e leggibile correlato ad congruo patrimonio edilizio privato e pubblico che ne attesti la linearità costruttiva e la dinamica sia architettonica che artistica lungo il fluire dei secoli, e sia documento diretto e tangibile di un fervore religioso e culturale, di grande o piccolo rilievo politico, di vitalità economica.

Ma non sono tanto le strade, le lapidi  e i monumenti commemorativi, i negozi pretenziosi, che danno, sul piano urbanistico, il titolo di Città ad un insieme di case e palazzi, quanto piuttosto le Piazze, che sono la seconda espressione spaziale dell’esigenza sociale dell’ homo sapiens dopo gli intimi perimetri familiari.

Le tribù  che è ancora possibile incontrare in zone impervie ed inesplorate di varie regioni continentali, ed alle quali ci si può riferire per avere un’idea della vita che conduceva l’uomo primitivo, vivono in agglomerati organizzati secondo un piano regolatore che prevede un’area pubblica, situata al centro del villaggio, intorno alla quale si distribuiscono le varie capanne, posizionate secondo criteri che tengono conto della funzione pubblica e del rango di chi le occupa. Questo slargo, inteso come spazio comunitario in cui avere una vita di relazione, discutere di problemi generali, comporre liti, celebrare riti religiosi ed iniziatici, svolgere cerimonie matrimoniali e feste tribali, scambiare e vendere merci, nacque quando l’uomo, da nomade che era, adottò la vita sedentaria, che richiedeva contatti sociali e rapporti interpersonali che uscivano dall’ambito strettamente limitato al clan della parentela.

Da allora questi luoghi comunitari, siano essi chiamati Piazze, Agorà, Fori, Arenghi, hanno seguito il cammino della storia, e da semplici spazi in terra battuta sono diventati elementi peculiari del vivere civile, caratteristiche distintive di determinate città, riflesso di segmenti storici e florilegio di splendore artistico. Per l’urbanista Franco Mancuso  “la città è tale solo quando produce la piazza come sua componente principaleed essa, situata in prevalenza nel centro urbano assume nelle varie sequenze storiche configurazioni assai diverse e raccoglie funzioni che si adeguano alle mutevoli caratteristiche della città ed interessano gran parte dei cittadini che vi si trovano in determinate occasioni per motivi specifici riguardanti la civica collettività.

Per Folco Quilici le Piazze sono state e continuano ad essere “i luoghi della mobilitazione nei momenti di lotta, di adunata nelle ore della paura o dell’entusiasmo; e sono anche i luoghi di folla, di incontro nei giorni di mercato e di festa. La Piazza è quel luogo privilegiato ove quella particolare cultura che è la mediterranea ha creato il punto di incontro tra il cittadino e i suoi concittadini”.

         Questa, soprattutto nei centri minori, è il polo su cui converge la vita provinciale, prende le funzioni di salotto comunitario, diventa sede di dispute e comizi politici; è l’ambiente ideale per fare lo struscio, per esibirsi, per dare vigore al venticello rossiniano di calunnie e  maldicenze; è anche il ritrovo preferito di pettegoli e sfaccendati, i cosiddetti  Chiazzieri, in eterna attesa di fatti da riportare, commentare e  ingigantire, imbastendo pettegolezzi, dicerie e molto spesso maldicenze.

Andare per… Piazze

Ma le Piazze non rappresentano solo questo. Sulla loro  ribalta si sono svolti tanti atti, tristi e lieti, della commedia umana, sono sfilati personaggi che hanno fatto la storia. Esse hanno visto trionfi ed umiliazioni, ovazioni, scherno e gogna;  Nel passato hanno echeggiato per i rintocchi funerei del martello che innalzava patiboli ed hanno fatto da cassa di risonanza al crepitio sinistro delle fiamme del rogo o alle raffiche delle armi da fuoco.

L’imperatrice Costanza d’Altavilla volle che Federico II, suo unico figliolo, nascesse sotto una tenda nella Piazza del Mercato di Jesi, affinché, data la sua non più verde età, nessuno mettesse in dubbio il carattere autentico della sua maternità e la nascita dello “Stupor mundi”. Con profondo acume politico ed intuito femminile la Normanna aveva capito “ante litteram la persuasione pubblicitaria e il ruolo di mass-media che avevano a quei tempi la piazza ed i suoi abituali frequentatori per la diffusione di notizie, vere o false che fossero.

Carlo I d’Angiò suggellò i suoi diritti di legittimo sovrano  del Regno di Napoli facendo cadere nella Piazza del Mercato della città partenopea, la giovane testa di Corradino di Svevia, la cui infelice vicenda ha segnato con un marchio indelebile la storia dell’antica platea mercatale. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Basta sfogliare un manuale di storia per trovare nomi di piazze, di personaggi e di avvenimenti destinati a rimanere legati per sempre: Campo de’ Fiori e Giordano Bruno, Piazza Venezia e il Duce, Piazza della Signoria e il Savonarola, Largo Santo Spirito e i Vespri Siciliani formano binomi che rimarranno indissolubili fino a quando durerà la memoria delle vicende umane.

La toponomastica plateale cittadina in dialetto … e qualche chicca etimologica latineggiante

Se la Piazza è la categoria urbana che identifica e qualifica un agglomerato umano come una vera città, la nostra ne ha tutti i resuisiti, potendo vantarne nel centro storico ben diciassette tra grandi e piccole. Esse possono essere inquadrate da un punto di vista più o meno cronologico in tre categorie:

piazze più antiche: G.Bruno,  Duomo, Santorelli, Paolo Maggio, Calabrese,

M.C.Marcello, Piazza d’Armi;

– piazze ottonovecentesche: Trinchese, Marconi, Collegio, Matteotti,

Clemenziano,  Stazione, Umberto I,),

piazze recenti: Sant’Antonio Abate, Risorgimento, Libertà.

Alcune di esse alla denominazione ufficiale ne affiancano altre, ancora usate dai Nolani:

– Piazza Paolo Maggio,  “ Mmiez’o Llargo”;

– Piazza Santorelli, Ncopp’a Roce (Croce);

– Piazza Sant’Antonio Abate, For’ Sant’Antuono;

– Piazza Calabrese, For’oo Salvatore;

– Piazza M. C. Marcello, O palazz’a Catena;

– Piazza Matteotti,  dei Caduti, for’ ‘a Mmaculata (Chiesa dell’Immacolata),;

– Piazza P. Clemenziano, For’o Turrione,  Foraggio;

– Piazza Umberto I, For’a  Villa.

Il funzionale prepositivo fore (for’ ) non deriva da forum nel significato lato di area plateale, ma dalla forma avverbiale latina foris, che “strictu sensu …..ad statum in loco pertinet  (Cfr. E. Forcellini – Lexicon rotius latinitatis ), vale a dire che indica un complemento di stato in luogo. Viene infatti adoperato anche per limitati siti urbani stradali non plateali: “for’ Sa’ Rafele”, “for’  ‘o Carmine”,“for’e ccarcere”, for’o Campo”, “ for’a Varretta”.

Nel lungo periodo della Sagra dei Gigli alcune piazze del centro urbano sono utilizzate per multiformi attività culturali collaterali che vanno sotto il nome di “Giugno nolano”. A ritmo incessante e per quasi un mese vi si susseguono mostre a carattere tematico storico ed artistico, concerti, gare sportive, proiezioni di film e documentari, esibizione dei Comitati festanti nella serata del sabato che precede la vera e propria festa della domenica. In tutto questo la parte del leone la fa, per ovvi motivi, Piazza  Duomo, punto focale di tutte le espressioni folcloristiche  e sede delle manifestazioni più prestigiose. Tra le tante altre un ruolo rilevante assumono anche gli slarghi plateali intitolati a Paolo Maggio, Angelo Calabrese e Marco Clodio Marcello che contrassegnano il tradizionale percorso di cortei e processioni,  consentono alle “paranze”che trasportano le macchine da festa di esibirsi e competere in gare di resistenza e di abilità.

Sempre in relazione con la Festa dei Gigli, non bisogna trascurare il ruolo  mercatale e commerciale di alcune  Piazze centrali per il giro di affari che esse fanno realizzare, non solo agli esercenti stabili, ma principalmente ad ambulanti locali e forestieri.  In quei giorni nelle piazze di Nola si vende di tutto: cibarie di ogni tipo, bevande, pelletteria, bigiotteria, libri, nonché una grande varietà di   paccottiglia e cianfrusaglie. Non manca chi per pochi euro vi fa l’oroscopo al computer o vi trova uno stemma nobiliare se vi punge vaghezza di sapere se nelle vostre vene scorre qualche goccia di sangue blu.

Antonio Fusco.

NOLA. Il disegno del centro antico ben conservato e le sue Piazze. Quando le simmetrie urbanistiche raccontano la storia di una comunità.

 

Nola – Piazza A. Calabrese

 

Piazza DuomoNOLA. Il disegno del centro antico ben conservato e le sue Piazze. Quando le simmetrie urbanistiche raccontano la storia di una comunità.

 

Piazza Giordano Bruno
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Piazza Trinchese
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