“Le Storie di Emelon”

Le Storie di Emelon

Le Storie di Emelondi Antonio De Rosa

Emelon è partita che aveva 25 anni, partita con una speranza, si era imbarcata cercando un destino migliore di quello che gli riservava il suo paese. Le guerre la intrappolavano, l’avevano rinchiusa in una gabbia a sbarre in modo tale da poterle far vedere la libertà senza poterla mai assaporare. Tentò come molti, il brivido dell’evasione, il disperato viaggio. Giorni di disperata speranza, navigarono con lei, fino a quando non fu rintracciata e spedita nella prigione in Zawiya conosciuta come Ossama Prison.

Emelon ha visto cose orribili nel suo paese, ha sentito come un’arma potesse essere l’artefice di perdite che non risaneranno mai il suo cuore. In quella prigione c’era forse la fine di chi aveva sperato di poter ritornare a vivere senza portare addosso il peso della guerra ogni giorno. I giochini, gli strumenti di tortura, era quasi diventata una sadica abitudine risvegliarsi con le urla di ragazzi che imploravano perdono per un male mai commesso. E lei ringraziava Dio, di non esser, almeno per pochi secondi scaraventata tra le braccia della sofferenza.

I volti affermavano la pazzia dell’essere umano, che andava scavando sempre più a fondo nella violenza. Emelon, urlava in nome di sua figlia, morta. Morta durante quell’orribile situazione conflittuale, nella quale non desidera altro che ritornare. In quel posto, pensava, c’era anche se bassa una minima possibilità di sognare… Magari una vita lontana dalle armi e dagli sguardi inferociti di bambini kamikaze. E mentre la pazzia umana colpiva il suo corpo, la sua mente era tra le radure più profonde dell’inconscio. Emelon ha sempre sognato di trovare chi l’amasse, è sempre uscita dagli schemi, dalle rigide abitudini, dai limitati diritti. Nonostante le torture fisiche, la sua mente reggeva più che poteva… Poteva la sua mente, doveva!

Perché era l’unica cosa che le rimaneva di pura e innocente. Una notte. Fuori pioveva, Emelon lo notava dal ticchettio che la pioggia provocava sul tettuccio. Il respiro affannato della ragazza riempiva la stanza, e le sue gambe, come il resto del suo corpo tremavano dal freddo. Un rumore di passi ovattati dall’autorità costruita della guardia camminante, si avvicinava alla stanza della prigioniera tremolante. La porta si spalancò, e Emelon sobbalzò in piedi. Quella notte fu lunga, piena di urla coperte da gemiti tremanti, neri, bui, oscuri.

La follia umana si era presa tutto di Emelon, tutto. Quella notte un tuono risuonò nel Globo, riportando luce, forse anche solo per un secondo, alla ragion dell’uomo. Quella notte un fiore nacque su quelle lenzuola, bagnate di sangue e di sudore. Quella notte era un mostro anche per i bambini più coraggiosi. Quella notte, proprio in quella notte in cui morì, Emelon perse tutto, anche quella voglia di fuggire che le possedeva la mente.

Emelon