I “wafer napoletani” con le nocciole di Avella: ecco perché i wafer si chiamano così

I wafer napoletani con le nocciole di Avella: ecco perché i wafer si chiamano così

Alcune cose sono così radicate nella nostra vita quotidiana che spesso dimentichiamo anche di farci domande su di esse. Ad esempio, perché nei wafer alla nocciola, la variante più diffusa del famoso biscotto austriaco/tirolese, c’è scritto sempre, in bella vista, Neapolitaner? 

Oramai per i consumatori Neapolitaner è sinonimo di “nocciola”, ma chi non conosce il tedesco non farà caso al fatto che la parola si traduce invece con “Napoletano”, la marcata somiglianza tra i due termini in effetti lo lasciava immaginare – ma spesso si liquidava tutto ciò come una semplice coincidenza. 

Per quale motivo quindi un dolce nato in Austria nel 1898, e poi diffuso su larga scala per la prima volta dalla casa Loacker, una pasticceria di Bolzano fondata nel 1925 che negli anni progressivamente si è ingrandita fino a diventare così come si mostra oggi, dovrebbe chiamarsi “wafer napoletano“?

Perché le nocciole utilizzate in Austria venivano importate da Napoli, più precisamente da Avella, ed ecco spiegato il bizzarro nome che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno.

D’altra parte, lo stesso nome “Avella“, ricordiamo, in latino è sinonimo di nocciola, quindi non deve stupirci che le nocciole fossero importate nel 1800 in Austria, in un periodo di gran lunga successiva a quello romano, in cui la città era già nota per le nocciole ed il miele.

In realtà, occorre per correttezza fare un paio di precisazioni:

I wafer, non esattamente come quelli commercializzati oggi, erano già presenti nel XV secolo: si tratta di un comune dolce diffuso dai cialdonai inglesi il cui nome richiama la struttura a nido d’ape che li caratterizza (waba, in inglese antico, vuol dire nido d’ape). L’impasto è molto semplice ed è lo stesso di altri dolci tipici della tradizione tedesca e francese: i waffle – o in francese, gaufres – ne rappresentano una variante più grande e più morbida, ma sempre costituita da una miscela di farina, uovo, burro e lievito, colata in un apposito stampo.
Successivamente, quando furono inventati i Neapolitaner Wafer dall’azienda Mannerdi Vienna, l’Italia non era uscita da molto dalla dominazione borbonica (1816-1861), in particolare Napoli faceva parte del Regno delle Due Sicilie, perciò non ci deve sorprendere il commercio e la conoscenza dei prodotti napoletani da parte degli austriaci.

Così, la prossima volta che addenterete un wafer tirolese, sappiate che non state facendo alcun tradimento alla tradizione culinaria campana: i wafer sono a tutti gli effetti – e non sono di certo io a dirlo, ma le stesse case di produzione – napoletani.

Nota: la scrittura Napolitaner o Neapolitaner è equivalente.

Valentina Guerriero

I wafer napoletani con le nocciole di Avella: ecco perché i wafer si chiamano così

I wafer napoletani con le nocciole di Avella: ecco perché i wafer si chiamano così