BAIANO. All’”Incontro” squarci di solidarieta’. A Kablive’ dopo il pozzo, pro Africa realizzerà la casa-famiglia degli “orfani”

BAIANO. All’”Incontro” squarci di solidarieta’. A Kablive’ dopo il pozzo, pro Africa realizzerà la casa famiglia degli “orfani”

BAIANO. All’”Incontro” squarci di solidarieta’. A Kablive’ dopo il pozzo, pro Africa realizzerà la casa famiglia degli “orfani”BAIANO. All’”Incontro” squarci di solidarieta’. A Kablive’ dopo il pozzo, pro Africa realizzerà la casa famiglia degli “orfani”Un lungo e tenace impegno sviluppato nell’arco di alcuni anni per raccogliere le risorse economiche necessarie, grazie alle piccole ed amorevoli donazioni di gente comune. E l’obiettivo programmato da Pro Africa si concretizza proprio in coincidenza con le ormai imminenti Festività natalizie che si celebrano nel mondo cristiano.

A Kablivè, uno dei tanti villaggi rurali del Togo, piccolo Stato dell’Africa occidentale con poco più di sei milioni di abitanti, diventa realtà il pozzo, a cui la piccola comunità residente, formata da qualche migliaia di persone, potrà attingere- dopo secolari e tormentate attese- acqua potabile per l’uso quotidiano, senza vivere il disagio e le difficoltà quotidiane di “bonificarla ed igienizzarla” con i faticosi metodi finora praticati, per poterne fare quello che ne costituisce l’uso di elementare e normale civile condizione. Lo ha reso noto Nina Albanese, che con il marito, Stefano Candela, anima e promuove le iniziative solidali di Pro Africa, l’associazione che hanno fondato alcuni fa e che opera nell’ambito del territorio dell’ Unione intercomunale del Baianese e dell’Alto Clanio, nell’area nolanovesuviana e in quella casertana. Una buona notizia per la piccola comunità di Kablivè, che è stata la chiave della conversazione sviluppata dai due coniugi nei locali del Circolo socio-culturale de “L’Incontro”.

BAIANO. All’”Incontro” squarci di solidarieta’. A Kablive’ dopo il pozzo, pro Africa realizzerà la casa famiglia degli “orfani”Una conversazione, che è valsa a focalizzare, per sommi capi, la realtà del Togo – confinante con il Ghana e con Burkina Faso lacerato da feroci e atroci guerre tribali – tra i Paesi più poveri del mondo, con il valore economico del prodotto interno lordo di poco superiore a due mila milioni di dollari, pari a circa 400 dollari per abitante. Una situazione, per la quale il reddito pro-capite equivale in media annua a trecento euro, tenendo presente che la moneta corrente è agganciata al franco nell’ambito della Comunità finanziaria africana. E non va dimenticato che fino a qualche decennio fa il Togo ha subìto una quarantennale e dura dittatura militare, dopo aver sperimentato la devastante della secolare colonizzazione saccheggiatrice e rapinatrice di impronta europea, dai portoghesi ai danesi, dagli inglesi ai francesi. Una terra bella per natura, ma brutalizzata da sempre dai domini coloniali e dal malgoverno, e che negli ultimi decenni ha subito la deforestazione presso ché integrale. Un’aggressione violenta, che nessuna istituzione internazionale ha impedito.

E’ un Paese reso povero, il Togo, a cui corrisponde uno dei più alti indici di procreazione demografica del Continente nero e del mondo; una condizione, quest’ultima, ch’è l’esatto contrario del fenomeno della crescente denatalità, da cui è segnato l’Occidente. Ed è il complesso fenomeno problematico, che secondo le più recenti elaborazioni statistiche di analisti demoscopici e autorevoli demografi di affidabile scientificità, viene considerato fattore d’innesco possibile, anzi più che probabile, del declino dell’Occidente. Evidenziata la problematica della natalità diffusa e dei tanti bambini e bambine, che assumono lo status di “orfani”, pur con il riconoscimento del padre naturale, che nella generalità dei casi non è in grado, però, di assicurare sostentamento alla ragazza-madre né ai figli e alle figlie. Una realtà, in cui non ha valore alcuno la famiglia, con le tutele degli Istituti giuridici, così come sono configurati nelle legislazioni del mondo occidentale, al di là dell’eventuale profilo religioso, considerando che i togolensi, francofoni che formano una costellazione di 45 etnie, in larga misura praticano la religione animista ed in misura frammentata quella islamica e, a seguire, quelle di matrice cristiana.

E con l’obiettivo puntato sulla crescita demografica, Nina Albanese dava risalto alle tortuose problematiche, da affrontare per condurre a buon fine le procedure di affido di bambini e bambine, che vivono, di fatto, senza famiglia e l’affetto dei genitori. Sono meccanismi vischiosi, in cui incappano, per lo più, famiglie occidentali senza figli; meccanismi, che sono il più delle volte al limite della corruzione, quando non si risolvono in pratuiche corruttive vere e proprie, di cui sono “protagoniste” e artefici le burocrazie locali, con speculazioni economiche sconcertanti e gravi. Una realtà triste e amara, difficile da fronteggiare. Ed un passo significativo in questa direzione è costituito dall’aiuto che si può e deve dare all’infanzia di queste terre, realizzando nei tanti villaggi togolensi Case di accoglienza. Una scelta di solidarietà concreta, che permette di assicurare il futuro delle comunità di villaggio, facendo crescere le nuove generazioni nelle realtà natie, rendendole soggetti attivi della storia e dell’emancipazione civile del loro Paese. “ E’ la scelta, che Pro Africa punta- nel suo “piccolo”, ha detto Nina Albanese– ad attuare, con la realizzazione a Kablive’ di una Casa accoglienza, per dare ai bambini e alle bambine della comunità una prospettiva di vita normale e l’istruzione”.

“E’ un progetto impegnativo- ha concluso Nina Albanese– quello che Pro Africa si propone di rendere concreto. Ma il cammino intrapreso va continuato, con il generoso sostegno di tanti benefattori. Senza dire che per me e per mio marito, l’azione che svolgiamo, serve a dare senso alla nostra vita, con le raggiunte sicurezze della famiglia e i figli sposati; un’azione che conciliamo con il lavoro di ogni giorno, mentre a luglio, ogni anno, siamo a Kablivè, incontrando tanti volontari come noi, per adoprarci a favore della comunità del villaggio. C’è davvero tanto da fare, per sentirsi ed essere utili agli altri”.