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Ancora tensione nella sanità territoriale campana. Stavolta ad Afragola, dove un medico di famiglia è stato vittima di minacce per essersi rifiutato di prescrivere esami non ritenuti necessari. Il protagonista della vicenda è il dottor Claudio Di Maso, che ha ricevuto un messaggio vocale minaccioso via WhatsApp da parte di un paziente insoddisfatto del suo operato.
Il caso nasce da una richiesta avanzata da un cittadino che, dopo aver ricevuto l’indicazione per una TC coronarica da uno specialista cardiologo, si era rivolto al centro privato Polidiagnostica San Pio X per prenotare l’esame. Ma proprio lì, secondo quanto riferito, gli sarebbero stati richiesti ulteriori tre esami diagnostici non previsti né dal medico curante né dallo specialista. Il medico di base, nel rispetto delle norme e del proprio giudizio clinico, ha negato le prescrizioni aggiuntive. Di fronte al diniego, il paziente ha reagito con toni minacciosi.
A intervenire sulla vicenda è il dottor Salvatore Caiazza, segretario provinciale della FMT Napoli e responsabile regionale per la Medicina Generale. «La normativa regionale è chiara. La circolare del 26 marzo, firmata dall’avvocato Postiglione, stabilisce che gli specialisti possono e devono emettere direttamente le ricette per gli esami richiesti. In questo caso, il cardiologo avrebbe dovuto fornire la ricetta dematerializzata, evitando passaggi inutili e fonti di conflitto con il medico di famiglia».
Ma non è solo una questione procedurale. Caiazza denuncia apertamente il comportamento scorretto di alcune strutture private. «Ci troviamo davanti a un evidente abuso della professione medica. I centri diagnostici non possono imporre esami che non rientrano nei protocolli o che non sono stati prescritti. Queste forzature mettono i medici di base in situazioni insostenibili e minano la serenità del rapporto con i pazienti».
La FMT, Federazione Medici Territoriali, lancia un appello alle istituzioni regionali e agli Ordini professionali affinché vengano presi provvedimenti concreti. «Non possiamo continuare ad assistere a situazioni in cui i medici vengono messi sotto pressione da richieste improprie o addirittura minacciati. Le ASL e la Regione devono sanzionare i centri che violano le regole. In caso di comportamenti reiterati, va valutata la revoca delle convenzioni».
Il caso di Afragola evidenzia una frattura sempre più ampia tra sanità pubblica e privata, e tra cittadini disorientati e un sistema prescrittivo che spesso genera confusione. A pagarne il prezzo sono soprattutto i medici di famiglia, schiacciati tra burocrazia, carichi di lavoro e crescenti episodi di intolleranza. Serve una presa di posizione netta per ristabilire chiarezza, rispetto e sicurezza nel lavoro quotidiano dei professionisti della salute.
