LA PERSISTENZA DELLA MEMORIA – I DUE CARATTERI DEL TEMPO TUTTO È ARTE

LA PERSISTENZA DELLA MEMORIA   I DUE CARATTERI DEL TEMPO  TUTTO È ARTE

Il concetto di arte è tanto affascinante, quanto complesso da descrivere e categorizzare. Ebbene sì, perchè l’arte è una qualsivoglia tipologia di “opera” commissionata dall’inventiva umana e destinata a destare emozioni contrastanti nel prossimo. Abbiamo a che fare con l’arte quotidianamente: ascoltando la musica, leggendo un libro, guardando un film: insomma, com’è facilmente intuibile, l’arte possiede vari modi e varie forme per esplicarsi. Dunque, qualsiasi cosa può esser definita “arte”.

Nel campo dei quadri, una delle svariate opere che riesce ad incarnare tale etimologia, appena attribuita, può esser rappresentato indubbiamente dal quadro “La persistenza della memoria” del grande artista spagnolo, Salvador Dalì.

L’ISPIRAZIONE DELL’OPERA

La realizzazione del quadro avvenne nel 1931 in appena due ore. Quel pomeriggio, l’artista spagnolo fu impossibilitato ad accompagnare la moglie al cinema a causa disuna forte emicrania. Così, costretto a restare a casa, fu colpito dalla vista di un formaggio camembert che stava consumando a tavola e che era ormai diventato molle: vi fu, dunque, il lampo di genio e la conseguente riflessione filosofica

LA DESCRIZIONE DEL DIPINTO

Il paesaggio che fa da sfondo al dipinto è quello di una costa Brava su cui aleggia un cielo ricco di sfumature gialle e celesti. È possibile intravedere anche un accenno di mare in lontananza. I soggetti individuabili sono diversi: un ulivo spoglio, un occhio addormentato avente delle lunghe ciglia ed un parallelepipedo color terra ed infine, ovviamente, ben quattro orologi (di cui tre molli ed uno soltanto rimasto al suo stato naturale) che la fanno da protagonisti. I tre orologi molli, squagliandosi, sembrano quasi assumere e dunque adattarsi alla forma degli stessi sostegni su cui sono poggiati; il primo orologio scivola oltre il bordo del parallelepipedo ed è possibile anche notare una mosca su di esso.

Il secondo è sospeso sull’unico ramo dell’ulivo spoglio, appoggiato a sua volta sul parallelepipedo. Infine, il terzo è avvolto a spirale sulla timida figura embrionale colante sul suolo. Il quarto orologio, ovvero l’unico ad essere rimasto allo stato solido è, invece, collocato sempre sul parallelepipedo ed è ricoperto di formiche nere brulicanti; l’artista catalano ha da sempre nutrito una fobia verso questi insetti, sin da quando ancora bambino li vide divorare un coleottero.

L’INTERPRETAZIONE RISIEDE NEL TEMPO

Attribuire un’interpretazione precisa all’opera degli “orologi molli” è un’impresa assai ardua, proprio a causa della ricchezza di significati che si cela dietro essa e, ancor più, dietro una tematica assai imbrigliata come quella della relatività del tempo.

Nel tempo è possibile individuare una carattere oggettivo ed un carattere soggettivo; per quanto concerne il carattere oggettivo, il tempo scorre per tutti in maniera inesorabile. A delineare la soggettività del tempo è, tuttavia, la natura dell’essere vivente (un’ora di vita dell’uomo è ben diversa da quella di una mosca e così via).

Lo misurazione del tempo, composta dunque da minuti, ore e secondi, ma anche da calendari è anche oggettiva.

Tuttavia, possibile attribuire una connotazione soggettiva alla percezione del tempo: ogni uomo sente lo scorrere del tempo in maniera differente.

Un’ora equivale oggettivamente a 60 minuti, ma a volte può sembrare che essa passi in un batter d’occhio (come quando ci divertiamo) ed in altre occasioni, invece, sembra non passare mai (come quando ci annoiamo o siamo nell’attesa di qualcosa).

Passato, presente e futuro: queste sono le tre linee temporali che caratterizzano la vita di ognuno di noi; il passato è la nostra esperienza. Il presente è la nostra realtà ed il futuro è una possibilità. Rispettivamente: ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che saremo. L’unica costante nel tempo? Noi stessi, il proprio “io”.

Gli orologi molli del quadro possono essere interpretati anche come

vivere nel passato è come sentirsi in gabbia.

Non è vivere, ma sopravvivere, quasi subire la vita con il chiodo fisso di ciò che sarebbe potuto essere, ma di ciò che poi non è stato; il rimorso non presume il presente, né tantomeno il futuro.

Non esiste uomo nato giusto. Esiste l’uomo che può diventare giusto e può farlo solo attraverso degno percorso di formazione. Può farlo solo vivendo e, di conseguenza, sbagliando.

Il presente è il tempo di cui l’uomo dispone realmente e di cui è vero padrone e artefice del proprio futuro. Quest’ultima “tappa temporale”, infatti, rappresenta il proprio destino. Ovvero il culmine di un percorso fatto dalle due tappe precedenti. Un percorso a scala, in cui il passato accoglierà ed ingloberà nelle sue trafila anche il presente che non sarà più tale. In quanto anche quello diventerà passato, nel momento in cui il futuro diverrà presente. Il tragitto in questione ha un nome preciso: vita.