PSICOTERAPIA. Quando il gioco si prende gioco di noi. Il gioco d’azzardo patologico.

PSICOTERAPIA. Quando il gioco si prende gioco di  noi. Il gioco dazzardo patologico.

Ciao a tutti mi presento, mi chiamo Criscuolo Maddalena e sono una psicoterapeuta,  regolarmente iscritta all’Albo degli Psicologi e  psicoterapeuti della Regione Campania. Vivo a Mugnano del Cardinale ed esercito l’attività di  psicoterapeuta nell’ambito del Territorio regionale.  L’idea di offrire a Voi lettori la mia collaborazione come specialista in psicologia è stata stimolata dalla redazione di questo giornale di cui sono onorata di iniziare a farvi parte. Come inizio ho deciso di trattare un argomento molto comune, che è quello del gioco d’azzardo patologico di cui si parla tanto in  questo momento.

    Il gioco è una componente importante nell’uomo e anche nell’animale, sin dalle prime fasi della loro crescita e ne determina il loro evolversi. I cuccioli di animali come pure il bambino si esercitano con il loro giocare all’apprendimento della vita sociale.

Nel gioco e con il gioco l’essere umano realizza il fare,  il costruire, anche molti animali hanno questa capacità, ma nell’uomo questa funzione è molto più complessa. E’ un’attività che genera una forza interna vitale e creatrice.

Un bambino che è lasciato libero di giocare e sperimentare, difficilmente sarà un adulto non creativo e incapace di scoprire il suo Sé. La dimensione del gioco infantile permane, dunque, anche nell’adulto sebbene funzionalmente diversa. Nel bambino è soprattutto esplorazione del sé e del mondo, dunque, conoscenza e adattamento, è rappresentazione della realtà, è ritualizzazione di propri vissuti esperienziali. Tenere  in vita dentro di noi la percezione del bambino che siamo stati, permette il permanere nella dimensione del gioco entro i confini dell’arricchimento personale. Purtroppo non sempre è così. L’attività ludica, nell’uomo, procede da esercizio preparatorio al percorso della vita ad appagamento di bisogni fondamentali, per dirigersi verso il bisogno di dominare, di competere, di misurarsi, di auto affermarsi attraverso la sfida, di concedersi svago, sollievo in forma di auto gratificazione, fino alle forme più estreme di dipendenza.

Proprio in questo ampliarsi della gratificazione, quando i normali sistemi di inibizione della ricerca delle gratificazioni (i cosiddetti livelli di sazietà o di appagamento) risultano disfunzionali, tale ricerca diviene fuori controllo e compulsivamente ripetuta.

Ci si incammina sul sentiero della dipendenza  sconfinando in quell’area definita patologica.  Il gioco esce dai suoi limiti, perde il suo carattere libero e separato dalla realtà, producendo forme sostitutive mai appaganti e autodistruttive. La compulsione a giocare, o peggio l’incapacità ad astenersi da esso, allontana una delle caratteristiche fondamentali del gioco e anche del gioco d’azzardo che è il divertimento, facendo perdere i suoi significati simbolici. Il gioco d’azzardo  che si poggia su una componente sostanziale di  rischio, fortuna, abdica dalla sua natura  libera e volontaria e con essa dalla gratificazione per mettersi nelle mani di una  potenza astratta e insensibile  “ il fato, il destino “. Di fronte a ciò l’uomo prende coscienza della precarietà della sua esistenza, della sua debolezza nell’esercitare forme di controllo della realtà e per vincere il terrore di sé stesso e ricercare la sua conferma esistenziale,  si affida al caso, alla probabilità, alla sua abilità di giocatore, come tentativo di ripresa di controllo (onnipotente ) sulla propria vita. Il giocatore patologico impiega la maggior parte del tempo delle sue giornate in completo assorbimento nel gioco, giocando con quantità crescenti di denaro e manifesta uno schema comportamentale tipico di “inseguimento“  (chasing)  delle proprie perdite tornando un altro giorno per giocare ancora. Questo stile comportamentale è mantenuto soprattutto dalla convinzione che dopo tante perdite la vincita è sicuramente  vicina. In questo caso la ricompensa è interpretata più positivamente dopo una lunga serie di privazioni. Non a caso le poker-machine sono quei tipi di giochi che determinano più rapidamente una dipendenza. Egli è convinto in una  vittoria finale  nonostante le perdite finanziarie, anche ingenti, perché prima o poi il fato lo ricompenserà per la propria perseveranza e anche in caso di vincita sarà sempre più convinto del suo ruolo di vincitore, ed è in tal senso che interpreta le perdite. La spirale della totale perdita della capacità di controllo del comportamento di gioco ha ormai avuto inizio e durante questo periodo  può accadere di tutto. Sintomi quali irrequietezza, irritabilità attacchi di panico e altri disturbi fisici sono tipici di una sindrome di astinenza verso i quali egli deve porre rimedio continuando a giocare e quando non può farlo per svariati motivi usa qualsiasi mezzo, dalle menzogne, al chiedere prestiti, dall’agire illegalmente al mettere al repentaglio relazioni importanti, fino al suicidio. In tutto questo non vi è una spiegazione logica proprio perché le motivazioni sono inconsce e vanno ricercate all’interno del suo sistema cognitivo-emotivo-affettivo-relazionale. In questa parabola infinita ci può essere anche la richiesta di aiuto. E’ l’inizio di un cammino anch’esso difficile, che passa attraverso fasi critiche di ricostruzione e di crescita.

MADDALENA CRISCUOLO