NOLA. La prima rappresentazione della morte di Giordano Bruno

NOLA. La prima rappresentazione della morte di Giordano Bruno

Qualche anno addietro, in una trasmissione televisiva informarono che Michele Di Sivo e Orietta Verdi, due archivisti professionisti dell’Archivio di Stato di Roma, nel corso della loro attività specialistica di restauro rinvennero nel margine sinistro di una pagina di un manoscritto dell’anno 1600, un bozzetto ad inchiostro rappresentante Giordano Bruno tra le fiamme. La notizia fu ripresa   da Ordine Nuccio il 17 aprile del 2011 sulla pagina 39 del Corriere della Sera. Riproponiamo la segnalazione per quelli  che, per caso,  non ne abbiano contezza.

Si tratta di un bozzetto fatto dal notaio Giuseppe De Angelis, incaricato di seguire personalmente il 17 febbraio del 1600 il trasferimento del Filosofo dalla prigione di Tor di Nona fino a Campo de’ Fiori, e di assistere anche alla tragica pena. Non si comprende il motivo per cui, oltre alla stesura del verbale ufficiale dell’avvenuta esecuzione, abbia sentito il bisogno di fare per di più una rappresentazione grafica come una cronaca iconica. Il filosofo appare vestito con una lunga tunica, intatta e senza evidenti bruciature, che, a nostro avviso, lo fa assomigliare più ad un’anima che ad una persona. Nel viso   gonfio    si stagliano macchie informi a rappresentare occhi, naso e bocca. Non pare che  vi sia  raffigurato  il palo al quale si legavano all’indietro le mani dei condannati, visto che le braccia sono libere in avanti, né si riesce a capire bene se in alcuni tratti del disegno siano riportate una traccia di barba  e la mordacchia, l’atroce strumento che chiudeva la bocca ai condannati. Tutta la figura è avvolta da fiamme maligne che ci sembrano più  infernali che quelle del rogo. La raffigurazione ci  orienta ad ipotizzare che il notaio Giuseppe, nelle funzioni di autorità preposta  doveva essere pienamente d’accordo con i giudici che avevano dichiarato eretico il Bruno, e potrebbe averne rappresentato non tanto  la morte sul rogo,  quanto piuttosto la condanna all’inferno. (Antonio Fusco)