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all’ira della furente regina Jezabel. Inseguito nel deserto come un animale da preda, l’energico e intransigente profeta sembrò avere un attimo di cedimento allo sconforto. Il suo lavoro, la sua stessa vita gli apparvero inutili e pregò Dio di tagliare il filo che lo teneva ancora legato alla terra, ma un angelo lo confortò, porgendogli una focaccia e una brocca d’acqua; poi Dio stesso gli apparve, restituendogli l’indomito coraggio di un tempo. Elia comprese che Dio non propizia il trionfo del bene con gesti spettacolari, ma agisce con fiduciosa pazienza, poiché egli è l’Eterno e domina il tempo. Il fiero profeta, che indossava un mantello di pelle sopra un rozzo grembiule stretto ai fianchi, tornò con rinnovato zelo in mezzo al popolo di Dio, ma non assistette al pieno trionfo di Jahvè. L’opera di riedificazione spirituale, tanto faticosamente iniziata, venne portata avanti con pieno successo dal suo discepolo Eliseo, al quale comunicò la divina chiamata mentre si trovava nei campi dietro l’aratro, gettandogli sulle spalle il suo mantello. Eliseo fu anche l’unico testimone della misteriosa fine di Elia avvenuta su un carro di fuoco. Morì misteriosamente sul Monte Carmelo nell’850 a.C. circa.20 luglio: sant’Apollinare di Ravenna, nacque ad Antiochia di Siria (Turchia) nel I secolo, è considerato il primo vescovo di Ravenna e fu ordinato vescovo da san Pietro apostolo, di cui era ritenuto discepolo, questi lo avrebbe destinato a ricoprire per primo la carica episcopale nella città imperiale di Ravenna. La Passio Sancti Apollinaris, un testo che la critica data tra il VI ed il VII secolo, è un documento agiografico, scritto dall’arcivescovo Mauro, che permette di ricostruire la vita, il culto e l’iconografia del protovescovo ravennate. Apollinare era un giovinetto che viveva ad Antiochia nei tempi in cui l’apostolo Pietro andava per il mondo predicando il Vangelo. San Pietro dovette notare questo ragazzino ammodo, educato, che sembrava pendere dalle sue labbra, e lo prese sotto la sua ala protettiva. Lo istruì con particolare cura fino a convincersi che fosse indicato per diventare a sua volta uno dei ministri di Cristo. Apollinare ne era ben lieto e comunicò la sua volontà di battezzarsi, diventare un cristiano, e di più, di diventare un sacerdote, ai suoi genitori, che erano pagani Ciononostante essi non si opposero, anzi, si avvicinarono a loro volta alla fede del figlio e si convertirono anche loro. Apollinare decise così di partire per Roma insieme a Pietro. In questo luogo che sarebbe diventato la culla della cristianità egli approfondì la sua formazione e iniziò il suo percorso sulla via del sacerdozio, fino ad essere insignito di una delle più alte onorificenze della gerarchia cattolica. Apollinare divenne infatti vescovo, e non solo, divenne il primo vescovo della città di Ravenna. A quei tempi essere un vescovo non comportava alcun privilegio, ma significava doversi scontrare con coloro che ancora osteggiavano la religione cristiana, nel tentativo di convertirne i cuori. In quest’opera Apollinare fu infaticabile: di lui si raccontano molti gesti di carità, e anche molti miracoli. Ad esempio, si dice che guarì la moglie di un tribuno, convertendo lei, il marito, e tutta la famiglia e impartendo loro il battesimo. La voce della sua fama si sparse e giunse fino alle autorità civili di Ravenna, che convocarono il vescovo e gli imposero di abiurare la sua fede, sacrificando davanti all’altare di Giove. Apollinare si rifiutò, obiettando che l’oro e l’argento che veniva dato agli dei meglio sarebbe stato usato meglio se destinato ai poveri. Per questo suo rifiuto venne massacrato di botte in strada, e fu salvato solo dalla bontà di alcuni cristiani che lo raccolsero e lo curarono. La brutta esperienza non scalfì neppure un poco la sua salda fede. Apollinare continuò a condurre il suo gregge di fedeli con fermezza e determinazione, operando altri miracoli che andavano a glorificare Dio. La sua dimora divenne Classe, un piccolo centro vicino Ravenna. Lo zelo del vescovo gli costò nuove sofferenze, e stavolta non riuscì a sopravvivere: brutalmente picchiato, in modo così barbaro che per le piaghe riportate versò il suo sangue, morendo dopo sette giorni per le ferite ricevute. Morì a Classe (Ravenna) il 23 luglio 74 d.C.; patrono di Ravenna e di tutta l’Emilia Romagna, ed è protettore di coloro che soffrono di gotta e di epilessia.

